
Facciamo prima di tutto Chiarezza! Gli animali fanno bene, fanno sempre bene! Arrivano nella nostra vita con uno scopo preciso, spesso non ce ne rendiamo conto mentre ciò accade ma chi di noi potrebbe negare di essere stato GUARITO dal proprio cane, compreso dal proprio gatto o amato dal proprio pappagallo? Nessuno! Io stessa affermo con certezza che il mio cavallo ha avuto un ruolo fondamentale nel superamento della perdita del mio Papà. Ricordo quei momenti di grande dolore che in un certo senso, sembravano essere condivisi!
Quindi La vita con gli animali fa bene. A cosa? A tutto! Alle relazioni con gli altri e a quella con noi stessi, alla salute mentale ma anche alle difese immunitarie, al senso di responsabilità, a prendersi cura di se stessi attraverso il loro accudimento, a sviluppare la sensibilità e l’empatia, a comprendere la comunicazione in tutte le sue sfumature.
Potrei continuare ma so di non essere l’unica persona a pensarla così. La cosa meravigliosa che non ci sono animali di serie A o serie B ci sono loro, sempre, ma parlare di Pet Therapy è una cosa diversa che trarre l’indubbio benefico della vita con gli animali. PET THERAPY è una Co-therapy che vede una finalità mirata ad un problema come sempre accade quando si stabilisce una finalità terapeutica. Quindi è fondamentale capire che non ci si improvvisa ma ci si incontra con professionisti specializzati in questa attività. Fabi

La storia della Pet Therapy
La storia dell’impiego degli animali come coadiuvanti alle normali terapie mediche può essere fatta risalire a tempi antichissimi; però un primo approccio terapeutico risale al IX secolo, quando a Gheel, Belgio, vennero introdotti alcuni animali per curare dei disabili.
Tuttavia il primo studio realmente accertato circa l’utilizzazione scientifica degli animali a scopo terapeutico risale al 1792, quando in Inghilterra, presso il York Retreat Hospital, lo psicologo infantile William Tuke cominciò a curare pazienti con disturbi mentali, incoraggiandoli a prendersi cura di animali domestici, come conigli, polli, anatre e oche, che popolavano il giardino.
Nel 1867 a Bielefeld, in Germania, presso un Istituto per pazienti epilettici, il Betheld Hospital, vennero introdotti cani, gatti e altri piccoli animali da allevamento come parte integrante dei trattamenti di recupero. Inizialmente ideato per ospitare solo degenti sofferenti di epilessia, il Betheld Hospital divenne poi un grande centro di accoglienza per persone disabili o in genere con vari problemi e gli oltre 5.000 pazienti venivano curati con l’ausilio degli animali.
Nel 1865 il medico francese Chessigne prescrisse l’equitazione a pazienti con problemi neurologici, ritenendola un’attività efficace per migliorare l’equilibrio e il controllo muscolare.
Il primo impiego di animali a scopo terapeutico negli ospedali è stato realizzato nel 1919 negli Stati Uniti, presso il St. Elisabeth’s Hospital a Washington, dove vennero introdotti dei cani per curare i pazienti che, durante la prima Guerra Mondiale, avevano riportato gravi forme di depressione e schizofrenia.
Un secondo caso di impiego di animali negli ospedali degli U.S.A. fu realizzato nel 1942 a New York, in un ospedale per feriti di guerra con traumi emozionali, il Parwling Army Air Force Convalescent Hospital.
Il concetto di “pet therapy” sembra sia stato enunciato per la prima volta dal neuropsichiatra infantile Boris Levinson nel 1953.
Nel suo libro “The Dog as Co-Therapist” del 1961, Levinson parla del cane come co-terapeuta e, dalle sue osservazioni ed esperienze, Levinson nel 1969 elabora la teoria della “pet oriented child psychotherapy” (psicoterapia infantile orientata con l’uso di animali), che si basa su alcuni elementi tipici della psicologia infantile e del rapporto bambino-animale.
Le esperienze di Levinson furono riprese nel 1975 da due psichiatri americani, Samuel ed Elisabeth Corson, che studiarono l’interazione tra un gruppo di pazienti con disturbi mentali e alcuni cani che vivevano presso l’ospedale di degenza dove i due psichiatri operavano. Essi diedero a questo tipo di interventi il nome di “pet facilitated therapy”, terapia facilitata dall’uso di animali da compagnia.
Dagli anni ’70 in poi questo tipo di terapia, cosiddetta “dolce”, ha trovato numerosi campi di applicazione negli Stati Uniti dove nel 1981 viene fondata la Delta Society, associazione che si prefigge di studiare l’interazione uomo-animale e gli effetti terapeutici legati alla compagnia degli animali. In Italia la pet therapy approda solo nel 1987; se ne parla per la prima volta in un Convegno Interdisciplinare a Milano su “Il ruolo degli animali nella società”. La vera svolta avviene nel 2009 quando viene istituito il Centro di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali.

Le diverse metodologie di applicazione della Pet Therapy
È necessario differenziare due diversi tipi di terapie che sono abitualmente contenuti nell’espressione generica Pet Therapy:
Le Attività Assistite dall’Animale (AAA) che sono gli interventi di tipo educativo, ricreativo e/o terapeutico. Questi sono attuati al fine di migliorare la qualità di vita del paziente.
La Terapia Assistita dall’Animale (TAA), per indicare quegli interventi che si prefiggono di raggiungere un fine terapeutico specifico. Fine terapeutico all’interno del quale l’animale è parte integrante del trattamento.
Nel primo caso non ci sono obiettivi specifici da raggiungere. Non c’è l’obbligo, quindi, per gli operatori di raccogliere dati e informazioni nel corso delle sedute. Le sedute stesse, condotte in un arco di tempo non prestabilito, possono essere gestite da professionisti e/o volontari. Questa è sicuramente la forma di Pet Therapy più diffusa.
La Terapia Assistita dall’Animale, invece, deve essere condotta da un professionista. I tempi sono prestabiliti e le modalità predefinite a seconda del caso. Inoltre, si lavora per il raggiungimento di un obiettivo specifico a ogni intervento.

Il nostro compito deve essere quello di liberarci allargando la nostra cerchia di compassione per abbracciare tutte le creature viventi, l’intera natura e la sua bellezza.
(Albert Einstein)